No alla legge contro l'omofobia

venerdì 23 marzo 2007

Sette settimane e mezza. Abbiamo un appuntamento, sabato 12 maggio!

50 giorni al Family Day Giornalisti, provate a stupirci

Sette settimane e mezza. Abbiamo un appuntamento, sabato 12 maggio. Un documento denso e agile, leggibile da chiunque. Una cospicua lista di aggregazioni laicali. E soprattutto le famiglie, quelle fatte da una padre e una madre, legati in un’unione stabile aperta ai figli. Queste sette settimane e mezza sarebbero un tempo prezioso per parlare finalmente di loro non solo nei soliti risaputi termini di "crisi" della famiglia, "fine" della famiglia, famiglie moribonde, famiglie zombi, famiglie fatiscenti, famiglie sentina di vizio e violenza («La famiglia uccide più della mafia»: titolone criminale letto di recente su un grande quotidiano nazionale), contrapposte al dorato, ridente e suadente mondo delle unioni plurime, allargate, omosessuali. Sarebbero un tempo prezioso per parlare seriamente della casa, che per troppe famiglie potenziali non c’è e per troppe famiglie con figli è troppo piccola e troppo cara. Del lavoro, con le famiglie che devono loro, sempre loro adattare i propri tempi e i propri ritmi a quello delle aziende, quasi mai il contrario. Del part-time, nel nord Europa un normalissimo diritto, da noi spesso una concessione o perfino un privilegio. Di quanto costano i figli e di come quel costo sia tutto sulle spalle delle famiglie, quasi fossero pure loro un lusso e non una risorsa per l’intera società. Di come si parli ossessivamente dei consumi delle famiglie e non dei valori immateriali delle famiglie. Eccetera. Si potrebbe fare questo. Anzi, abbiamo la sensazione che la giornata del 12 maggio in sé valga eccome, ma che abbia altrettanto valore questo tempo di preparazione. Sette settimane e mezza, restano. Perché la prima metà l’abbiamo buttata via. Leggi i giornali, infatti, e che cosa leggiamo? Delle associazioni gay che si autoinvitano, pur non avendo alcuna intenzione di sottoscrivere il manifesto che fa discrimine stilato dagli organizzatori. I quali, democratici e sorridenti, non cascano nel tranello di chi li vorrebbe chiusi, aggressivi e ringhiosi e replicano: prego, accomodatevi pure, magari vedete di essere educati, la piazza è di tutti ma la festa l’abbiamo organizzata noi. I contenuti qui fanno la differenza. Leggiamo dei politici – io ci vo, no tu no, io forse, io vedrò – anche se la giornata non ha finalità politiche. Poiché è per la famiglia e contro nessuno, naturalmente non si parla di famiglia ma di "nessuno": dello spettro dei Dico, delle unioni di fatto, dei gay, eccetera. E siccome è tutto pensato e scritto e sottoscritto da fedeli laici, vai con la caccia al vescovo da spremere, nella speranza che conceda uno spiraglio, anche sottile come un capello a cui aggrapparsi per scatenare la polemica, perché questo fronte unanime e sereno e alacre delle aggregazioni laicali un po’ di rabbia fa: e dove sono i cattolici afasici, rancorosi, pigri, privi d’iniziativa? Sarebbe anche l’occasione per scoprire che cosa sono queste aggregazioni. Per lasciarsi trasportare dalla curiosità di andare a vedere, ascoltare, capire e raccontare che cosa unisce centinaia di migliaia di italiani che la cronaca ostinatamente ignora, prigioniera di troppi schemini ideologici. Non c’è spazio? A costo di apparire politicamente scorrettissimi, suggeriamo: un’intervista (la solita) in meno a un leader gay (il solito), e un’inchiesta in più per andare al cuore di un laicato cattolico che può sembrare afasico, signori, soprattutto perché nessuno lo sta a sentire, non i giornalisti, non i professori. Sette settimane e mezza, il tempo ci sarebbe. La voglia, beh, quella è tutto un altro discorso.

Pubblicato su Avvenire 22 marzo '07 - scritto da Umberto Folena

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